Vai al contenuto

Card. Stefan Wyszyński: uno degli apostoli degli ultimi tempi

Grande festa oggi, 12 settembre, a Varsavia per la beatificazione dei Servi di Dio Stefano Wyszyński (1901-1981) ed Elisabetta Róża Czacka (1876-1961). Il rito è stato presieduto a nome del Papa dal Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi.

Il Cardinale Wyszyński – ha detto il Cardinale Semeraro nell’omelia – «guidò con coraggio, costanza e decisione la nave della Chiesa che è in Polonia, opponendo a un’ideologia che disumanizzava l’uomo e lo allontanava dalla pienezza di vita, il Vangelo di Cristo vissuto con fedeltà. Non si risparmiò in nulla, sopportò tutte le umiliazioni e sofferenze».

Amico di San Giovanni Paolo II, «vero figlio della Polonia, aveva davvero nel cuore una devozione profonda alla Vergine Maria: come sotto il suo sguardo materno aveva visto nascere la sua vocazione e sotto lo stesso sguardo aveva consacrato a Dio la sua vita e le sorti della Nazione Polacca, così fu lei a insegnargli ogni giorno del suo ministero a vivere solo per lui e a lui solo piacere». Soli Deo per Mariam è lo slogan che egli amava ripetere!

Uno dei tratti più caratteristici della spiritualità del cardinale Wyszyński era, quindi, la sua devozione mariana, dal carattere decisamente cristologico, attinta e alimentata dal riferimento a san Luigi di Montfort

L’incrollabile fiducia e la profonda devozione alla Santa Vergine emerge dal diario “Appunti dalla prigione”, scritto dal cardinale Wyszynski durante la sua prigionia a Stoczek durata dal 25 settembre 1953 al 28 ottobre 1956. Con commozione annota che, dopo tre settimane di preparazione «seguendo le indicazioni del Beato Luigi Maria Grignion de Montfort contenute nel Trattato della vera devozione alla Beata Vergine Maria», l’8 dicembre 1953 si è donato per le mani della sua «Migliore Madre in totale schiavitù a Cristo Signore» (cfr. “Appunti dalla prigione”, CSEO, Bologna 1983, p. 52).

Il suo Atto di Consacrazione ha un respiro profondamente monfortano

«Santa Maria, Vergine Madre di Dio, oggi ti scelgo come mia Signora, Avvocata, Patrona, Protettrice e Madre mia (…). Prometto che non ti abbandonerò mai, non dirò nulla o non farò nulla contro di te. Non permetterò mai ad altri di fare nulla che possa disonorarti. Ti prego, accettami per sempre come tuo servo e tuo figlio. Sii il mio aiuto in tutti i miei bisogni, anima e corpo, e nel lavoro sacerdotale per gli altri. Ti consegno Maria, completamente in schiavitù, e come tuo schiavo consacro il mio corpo e la mia anima, i beni interiori ed esteriori, anche il valore stesso delle mie buone opere, passate, presenti e future, lasciando a te il pieno e completo diritto di disporre di me e di tutto ciò  che mi appartiene, senza eccezione, secondo il tuo volere, a maggior gloria di Dio, nel tempo e nell’eternità. Per mezzo di te, con te, in te e per te, voglio diventare schiavo totale del tuo Figlio (…). Tutto ciò che farò, per le Tue Mani Immacolate, Mediatrice di tutte le grazie, lo offro alla gloria della Santissima Trinità – Soli Deo! Maria di Jasna Góra, non abbandonarmi nel mio lavoro quotidiano e mostra il tuo volto puro nell’ora della mia morte. Amen».

Nel reliquiario è incorporato proprio il manoscritto originale di questo Atto di consacrazione alla Madre di Dio, a testimoniare che il Trattato è il segreto della sua santità.

Uno dei frutti della consacrazione a Gesù per Maria di Stefano Wyszynski maturerà a Jasna Góra il 3 maggio 1966 nell’atto di totale servitù alla Madre di Dio, per la libertà della Chiesa in Polonia ed in tutto il mondo, pronunciato in occasione del Millennio del Battesimo della Nazione, con la partecipazione di quasi un milione di fedeli.

Ebbe a testimoniare San Giovanni Paolo II: «Il Cardinale Stefano Wyszynski stava sempre sotto la Croce di Cristo, insieme a Maria. “Tutto ho posto nelle mani di Maria”. Nei riguardi di lei si sentiva come l’apostolo Giovanni, come un figlio adottivo, e come l’innamorato della Genitrice di Dio, “schiavo d’amore”. In questa donazione senza riserve trovava la propria libertà spirituale: sì, era un uomo libero, e insegnava a noi, suoi connazionali, la vera libertà» (cfr. Omelia, Varsavia, 16 giugno 1983).